Appuntamento con la Rubrica dei Consigli.
A cura di: Dott.ssa Francesca Cerutti
IL SONNO DEI BAMBINI. SOGNO O INCUBO?
“Il mio dorme solo due ore di fila, poi si sveglia in continuazione”,
“La mia non dorme mai nel suo lettino e ormai ha quasi tre anni, non so più cosa inventarmi!”,
“Noi siamo stati fortunati, il nostro bambino è un vero dormiglione!”
“Io non mi spiego perché con il primo figlio non ho mai avuto problemi a farlo dormire, con il secondogenito è un vero disastro; siamo sfiniti!”.
Quante volte abbiamo sentito queste frasi o partecipato a tali conversazioni?
Il sonno dei bambini è un tema difficile da affrontare, spesso mette a dura prova i genitori, la loro pazienza e le loro energie. I fallimenti sembrano essere all’ordine del giorno, i genitori sono sopraffatti da sentimenti di impotenza. Sono sfiniti dalla stanchezza, provati dalle tante ore di deprivazione del sonno e frequentemente sviliti e senza forze cedono alle richieste dei figli anche se sono consapevoli che questo genererà un circolo vizioso difficile da modificare.
Dormine è una delle più grandi funzioni vitali,
durante il sonno ci rigeneriamo dalla fatiche. Una buona qualità del sonno ci permette di ricaricare corpo e mente per ripartire con gli impegni della vita quotidiana il giorno dopo.
Ognuno di noi ha un proprio ritmo sonno – veglia e un diverso bisogno di ore di sonno. C’è chi dorme poche ore, chi preferisce svegliarsi presto la mattina, chi ama andare a letto tardi, chi ha bisogno dei famosi “ancora 5 minuti” prima di alzarsi dal letto e chi, invece, apre gli occhi la mattina ancora prima che sia suonata la sveglia. Per fortuna non siamo tutti uguali, così come non lo sono i bambini, anche se nati nella stessa famiglia e persino se fratelli gemelli. In linea generale, nei bambini il sonno è difficile da regolare, non viene da sé. Alla nascita, di solito, i neonati dormono molto in media 17 ore al giorno. A un anno, la durata del sonno diminuisce di qualche ora, tra i tre e i cinque anni la media è di 12 ore suddivise tra la nanna del pomeriggio e le ore notturne; tra i sei e i nove anni dormono dalle 9 alle 13 ore.
Il sonno, così come le altre acquisizioni del bambino nel suo sviluppo ha bisogno di apprendimento. E’ certamente influenzato da molteplici fattori, quali ad esempio: le caratteristiche temperamentali del bambino, il suo ambiente sociale, dalle abitudini di vita e anche da fattori psicologici ed emotivi. Così come si impara a camminare e a parlare, a mangiare da soli e a leggere, si impara anche a dormire.
Il primo anno di vita del bambino è certamente il più faticoso, ma è dal secondo anno di vita che possono cominciare le vere difficoltà. Il sonno diventa progressivamente un mondo diverso da quello della veglia che il bambino sta appena cominciando a conoscere; ed è così che il chiudere gli occhi e abbandonarsi a un mondo diverso può essere vissuto dal bambino con paure e ansie. Proprio come il passaggio da mondo conosciuto a un ambiente nuovo popolato da estranei (come ad esempio l’inserimento al nido e alla scuola dell’infanzia) può richiedere un tempo di inserimento più o meno lungo perché diventi familiare, così vale anche per il dormire. Per ogni famiglia e ogni bambino questa è una fase di tentativi ed errori, strategie e prove.
Fondamentale per imparare a dormire, così come per ogni altra abitudine della vita del bambino, è la routine. I rituali della buonanotte dovrebbero entrare a far parte delle attività quotidiane dei bambini. Addormentarsi significa infatti separarsi, trovarsi al buio, entrare in un mondo dove sentiamo di non avere il controllo su ciò che accade intorno a noi. Se ci pensiamo con attenzione anche a noi adulti sarà certamente capitato di sentirci agitati/preoccupati per un progetto lavorativo, una scadenza importante, un esame medico… e di non riuscire a trovare quella dimensione di rilassatezza necessaria per potersi addormentare. Così anche i bambini possono sentirsi agitati o in ansia per qualcosa, ma anche perché sanno che si dovranno “separare” dai propri genitori per addormentarsi. Il rituale della nanna assume proprio una valenza “sedativa”, di prevedibilità e spesso ha un effetto calmante e rassicurante soprattutto se messo in atto dai genitori, persone delle quali il bambino si fida e con le quali ha una relazione privilegiata.
Nella preparazione dei rituali della buonanotte esiste uno scambio continuo tra l’inventiva dei genitori e la scelta dei figli. Innanzitutto si dovrebbe iniziare il rituale con l’introduzione di un’attività rilassante. Se facciamo vedere al bambino, subito prima di andare a letto un cartone animato d’azione avremo stimolato la sua agitazione e il suo dinamismo. Difficilmente incontreremo la sua disponibilità a voler andare a dormire dopo aver guardato quel cartone, ma molto probabilmente ci troveremo di fronte a un bambino che vuole giocare o continuare a guardare la tv, proprio perché quel cartone lo ha appassionato. Un po’ come accade a noi quando siamo presi da una serie tv on the mand, “guardo ancora una puntata, un’altra ancora, adesso è veramente l’ultima…” e non riusciamo a fermarci.
I rituali di separazione tranquillizzanti possono essere diversi e caratterizzati da svariate attività abituali: lavarsi i denti, mettersi il pigiama, leggere una fiaba e rileggerla più volte, tre baci della buonanotte, dormire con la bambola preferita o il peluche, tenere accesa una piccola luce da notte …
Finalmente il bambino si è addormentato, ma se si sveglia di notte? E se piange? Niente panico!
Andate da lui, rassicuratelo, fategli sentire la vostra vicinanza anche fisica, se è particolarmente impaurito e agitato prendetelo in braccio, parlategli in maniera pacata e provate a calmarlo; rassicuratelo sui brutti sogni, promettetegli che al mattino potrà raccontarvelo, sarà un modo per tirare fuori le emozioni spiacevoli, raccontare di sé e con il vostro aiuto elaborarle.
Progressivamente il bambino inizierà a fare amicizia con il buio e con il sonno grazie alle vostre rassicurazioni, non è lasciandolo solo a gestire il suo pianto e la sua agitazione che imparerà ad autoregolarsi e a gestire le sue emozioni.
A cura di:Dott.ssa Francesca Cerutti Psicologa clinica dello sviluppo e della famiglia.
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